Carnevale è da sempre la festa preferita dai bambini, ma coinvolge anche gli adulti. Anzi, si potrebbe dire che è un modo per i grandi di ritornare bambini, allegri e spensierati, approfittando di questi giorni per giustificare travestimenti e stravaganze, oltre che qualche peccato di gola in più.
Le origini della festa sono religiose: infatti il Carnevale è collegato direttamente alla Pasqua.
Questa parola deriva forse dal latino medievale “carnem levare”, cioè “togliere la carne”, in osservanza al divieto cattolico di mangiare carne durante la Quaresima.
Le manifestazioni “carnevalesche” imperversano, colorando di maschere e coriandoli le vie di ogni città e paese.
Inutile dire che anche a livello gastronomico si hanno innumerevoli tradizioni, che rispecchiano pienamente lo spirito di tale festa.
Ogni regione vanta ricette gastronomiche particolari e secolari, ma soprattutto nel dolce si nota una singolare voglia di evasione, di trasgressione: non a caso le ricette caratteristiche, seppur con varianti minime, vedono al primo posto i dolci fritti.
Senza dubbio, la specialità più semplice e più conosciuta fra i dolci di Carnevale sono le “chiacchiere”.
Tanto è vero che le si ritrova diffuse in tutto lo stivale, seppur in molte varianti e soprattutto con nomi diversi. In Friuli si chiamano Grostoli, in Emilia Sfrappole, in Veneto Galani o Crostoli, in Piemonte Bugie, nelle Marche e nel Lazio Frappe, Cenci in Toscana, infine Chiacchiere in Campania.
Si tratta di una ricetta che affonda le sue origini addirittura nel periodo romanico: è quindi diffusa dai tempi antichi questa usanza di friggere nel grasso queste listarelle di pasta dolce.
La variante, nelle varie ricette regionali, è costituita dall’utilizzo di aromi differenti: marsala, vino bianco, grappa o liquore all’anice.
Inoltre le varianti regionali impongono alle volte di accompagnarli o intingerli in salse e intingoli, aumentando ulteriormente l’apporto calorico di questi sfiziosissimi preparati, già di per sé non propriamente dietetici.
In Campania per esempio si usa inzupparli nella cioccolata fusa, in Sicilia si mangiano coperti da zucchero a velo, altrove ancora le frappe vengono servite con il miele oppure accompagnate da una crema di mascarpone montato a neve.
Insomma, a seconda della Regione il dolcetto cambia aspetto e nome: anche lui si traveste!
Anche nelle Dolomiti a Cortina d’Ampezzo abbiamo la nostra variante: si chiamano Carafòi e sono da sempre il dolce dei festeggiamenti e delle ricorrenze speciali.
Si tratta di sfogliatelle di pasta dolce che venivano fritte nella Farsuoira, una grande padella di ferro piena di strutto bollente.
La ricetta tradizionale prevede anche l’utilizzo delle patate, ingrediente particolarmente diffuso e quindi facile da reperire nei tempi passati.
CARAFOI DI PATATE
Ingredienti:
patate, farina bianca, 10 g lievito di birra, latte, 2 uova, sale, grappa, buccia di
limoneProcedimento:
far bollire le patate con la buccia; una volta cotte, pelarle, ridurle in purea con
lo schiaccia-patate e disporle su una spianatoia; aggiungere la farina, poco
sale, la buccia di limone grattugiata, le uova, la grappa e infine il lievito di
birra precedentemente sciolto in poco latte tiepido; lavorare rapidamente
l’impasto e regolarne la consistenza con la farina, se necessario; stendere con
il mattarello una sfoglia piuttosto sottile, ritagliare dei rombi e friggerli finché
non saranno dorati nello strutto o nell’olio bollente.